Matteo Marzotto – classe 1966, già al vertice di Valentino S.p.A. quando questa era
controllata da Marzotto S.p.A., che poi la vendette realizzando una cospicua
plusvalenza – è da poche settimane Presidente della Fiera di Vicenza. Pochi mesi prima egli
era stato chiamato a presiedere la Fondazione Cuoa-Centro Universitario di Organizzazione Aziendale, una importante scuola di management con sede ad Altavilla
Vicentina. Fiore all'occhiello dell'ente
fieristico è Vicenzaoro, una
"Mostra internazionale di oreficeria, gioielleria, argenteria, orologeria
e gemmologia" da decenni tra le più rinomate a livello mondiale.
La nomina di Marzotto alla Fiera ha colpito per due motivi. Da un lato per l’enfasi con la quale la stampa vicentina l'ha rappresentata in ideale “continuità” con il nonno, l’industriale valdagnese Gaetano Marzotto Jr, che oltre ad essere stato uno dei grandi imprenditori del ‘900 italiano, di essa fu nel 1946 promotore e primo Presidente. Dall’altro perché il neo-Presidente risulta accusato, assieme ad altri consanguinei, di reati fiscali derivanti proprio dalla cessione di Valentino S.p.A.: per i quali è in attesa di un pronunciamento della giustizia penale. Di questo aspetto dirò nelle conclusioni, rinviando per il momento all’articolo http://www.globalist.it/Detail_News_Display?ID=53544&typeb=0&Marzotto-e-Fiera-Vicenza-il-silenzio-sullo-scapolo-d-oro.
A me desta più interesse, tuttavia, anche
perché ne ho studiato a lungo la figura (cfr. http://www.giorgioroverato.eu/A/MeV/GaetanoMarzottoJr.pdf), il parallelo che cronisti compiacenti
hanno voluto fare tra Gaetano M. e il nipote. Penso infatti che, così enfatizzata, l’eredità
morale caricata su M.M. rischi di essere per lui paralizzante. Perché
decisamente ingombrante. Come ingombrante era Gaetano M. nella sua irruente
personalità di autentico costruttore di imprese: uno degli ultimi tycoon, come ebbe a definirlo Gianni
Agnelli.
Per
disfarsi di una eredità ingombrante, bisogna essere più bravi (e
"migliori") di chi ti lascia "erede".
E
Gaetano Marzotto vinse la sfida con il padre trasferendo a capitale di rischio
la
ricchezza finanziaria a lui pervenuta, facendo della media impresa di Vittorio
Emanuele M. la più importante azienda laniera italiana e una delle prime in
Europa. Costruendo, per sovrappiù, la "Città sociale" (http://www.giorgioroverato.eu/A/MASTER/Citt%C3%A0sociale.pdf), le
Industrie Zignago e quella "piccola" cosa che furono i Jolly Hotels,
ovvero la prima grande catena di alberghi turistici del nostro paese.
Matteo
M. è invece uno degli attori della decomposizione dell'impero costruito dal
nonno, o meglio della decomposizione di quella multinazionale del tessile e del
fashion realizzata dallo zio Pietro
M. risanando e proiettando sul mercato globale quell'impero.
Alla sua decomposizione Matteo M. partecipò, assieme ad altri parenti e azionisti terzi di rango,
riportando a capitale finanziario, o cmq a rendita, buona parte di ciò che era
capitale di rischio.
Beh,
sarò retrò, ma a me par di ricordare che è il capitale di rischio a
fare di un individuo un imprenditore...
Che
sia questa la modernità del terzo millennio? Personalmente mi permetto di
dubitarne.
Concludendo, sia in riferimento alla Presidenza della Fiera che a quella della Fondazione Cuoa, io credo che persone chiamate
ai vertici di enti controllati dalla mano pubblica (ma anche ai vertici di
società a capitale interamente privato) debbano essere – e non solo apparire – privi di macchia alcuna, o comunque di ipotesi di reato.
Lo zio di M.M., Pietro Marzotto appunto, non esitò
un giorno a dimettersi da un blasonato Consiglio di Amministrazione perché
indagato per un reato societario, dal quale fu poi prosciolto con formula
piena. L'etica non è acqua, insomma!
Nel caso della Fiera di Vicenza, e della ricordata
scuola di management, non è dubbio
che il reato di cui il loro Presidente è accusato (non molto diverso da quello
che ha portato alla condanna definitiva di S. Berlusconi, e per la cui
espulsione dalla Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro si sta battendo
Pietro Marzotto: http://www.repubblica.it/economia/2014/01/24/news/cavalieri_del_lavoro_la_protesta_di_marzotto_mi_autosospendo_finch_silvio_non_sar_espulso-76814548/?ref=search) rischia di minare la credibilità di tali istituzioni.
Come dire che un "bel nome" non è
automaticamente un buon "biglietto da visita", come l'articolo di cui
al primo link fa notare a proposito della Fiera di Vicenza. Per non parlare poi
della scuola di management: che nella
sua mission ha implicito il compito
di trasmettere – a imprenditori e manager
che frequentano i suoi corsi – valori come la responsabilità sociale
dell'impresa. E la non piccola evasione fiscale, di cui il loro Presidente è
accusato (per carità, gli auguro di riuscire a dimostrare la mancanza di
dolo!), non mi sembra rientri tra tali valori.
A me pare che, a volte, un passo indietro – come lo
zio di M.M. insegna – sia la cosa migliore: anche qualora lo statuto di quella
istituzione non lo prescriva...
A me desta più interesse, tuttavia, anche
perché ne ho studiato a lungo la figura (cfr. http://www.giorgioroverato.eu/A/MeV/GaetanoMarzottoJr.pdf), il parallelo che cronisti compiacenti
hanno voluto fare tra Gaetano M. e il nipote. Penso infatti che, così enfatizzata, l’eredità
morale caricata su M.M. rischi di essere per lui paralizzante. Perché
decisamente ingombrante. Come ingombrante era Gaetano M. nella sua irruente
personalità di autentico costruttore di imprese: uno degli ultimi tycoon, come ebbe a definirlo Gianni
Agnelli.
Per
disfarsi di una eredità ingombrante, bisogna essere più bravi (e
"migliori") di chi ti lascia "erede".
E
Gaetano Marzotto vinse la sfida con il padre trasferendo a capitale di rischio
la
ricchezza finanziaria a lui pervenuta, facendo della media impresa di Vittorio
Emanuele M. la più importante azienda laniera italiana e una delle prime in
Europa. Costruendo, per sovrappiù, la "Città sociale" (http://www.giorgioroverato.eu/A/MASTER/Citt%C3%A0sociale.pdf), le
Industrie Zignago e quella "piccola" cosa che furono i Jolly Hotels,
ovvero la prima grande catena di alberghi turistici del nostro paese.
Matteo
M. è invece uno degli attori della decomposizione dell'impero costruito dal
nonno, o meglio della decomposizione di quella multinazionale del tessile e del
fashion realizzata dallo zio Pietro
M. risanando e proiettando sul mercato globale quell'impero.
Alla sua decomposizione Matteo M. partecipò, assieme ad altri parenti e azionisti terzi di rango,
riportando a capitale finanziario, o cmq a rendita, buona parte di ciò che era
capitale di rischio.
Beh,
sarò retrò, ma a me par di ricordare che è il capitale di rischio a
fare di un individuo un imprenditore...
Che
sia questa la modernità del terzo millennio? Personalmente mi permetto di
dubitarne.
E Gaetano Marzotto vinse la sfida con il padre trasferendo a capitale di rischio la ricchezza finanziaria a lui pervenuta, facendo della media impresa di Vittorio Emanuele M. la più importante azienda laniera italiana e una delle prime in Europa. Costruendo, per sovrappiù, la "Città sociale" (http://www.giorgioroverato.eu/A/MASTER/Citt%C3%A0sociale.pdf), le Industrie Zignago e quella "piccola" cosa che furono i Jolly Hotels, ovvero la prima grande catena di alberghi turistici del nostro paese.
Matteo M. è invece uno degli attori della decomposizione dell'impero costruito dal nonno, o meglio della decomposizione di quella multinazionale del tessile e del fashion realizzata dallo zio Pietro M. risanando e proiettando sul mercato globale quell'impero.
Alla sua decomposizione Matteo M. partecipò, assieme ad altri parenti e azionisti terzi di rango, riportando a capitale finanziario, o cmq a rendita, buona parte di ciò che era capitale di rischio.
Beh, sarò retrò, ma a me par di ricordare che è il capitale di rischio a fare di un individuo un imprenditore...Che sia questa la modernità del terzo millennio? Personalmente mi permetto di dubitarne.
Lo zio di M.M., Pietro Marzotto appunto, non esitò un giorno a dimettersi da un blasonato Consiglio di Amministrazione perché indagato per un reato societario, dal quale fu poi prosciolto con formula piena. L'etica non è acqua, insomma!
Nel caso della Fiera di Vicenza, e della ricordata scuola di management, non è dubbio che il reato di cui il loro Presidente è accusato (non molto diverso da quello che ha portato alla condanna definitiva di S. Berlusconi, e per la cui espulsione dalla Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro si sta battendo Pietro Marzotto: http://www.repubblica.it/economia/2014/01/24/news/cavalieri_del_lavoro_la_protesta_di_marzotto_mi_autosospendo_finch_silvio_non_sar_espulso-76814548/?ref=search) rischia di minare la credibilità di tali istituzioni.
Come dire che un "bel nome" non è automaticamente un buon "biglietto da visita", come l'articolo di cui al primo link fa notare a proposito della Fiera di Vicenza. Per non parlare poi della scuola di management: che nella sua mission ha implicito il compito di trasmettere – a imprenditori e manager che frequentano i suoi corsi – valori come la responsabilità sociale dell'impresa. E la non piccola evasione fiscale, di cui il loro Presidente è accusato (per carità, gli auguro di riuscire a dimostrare la mancanza di dolo!), non mi sembra rientri tra tali valori.
A me pare che, a volte, un passo indietro – come lo zio di M.M. insegna – sia la cosa migliore: anche qualora lo statuto di quella istituzione non lo prescriva...